Vieri Giuliano Santucci per TRISTE©
Che le ore più buie siano quelle prima dell’alba si ripete ormai da secoli.
Il primo a lasciarne traccia sembrerebbe sia stato, nel 1650, il teologo e storico inglese Thomas Fuller, che scriveva “It is always darkest just before the Day dawneth”.
Di più recente scoperta è, invece, il fatto che proprio prima della sveglia possano verificarsi i sogni più strani e reali. Talmenti vividi da essere, a tutti gli effetti, considerati allucinazioni.
A fare una summa di tutto questo ci ha pensato Ainsley Farrell.
La cantautrice californiana trasferita a Sydney ha infatti da poco fatto uscire il suo nuovo EP, Dark Hours. Mescolando atmosfere folk, blues e rock, Aisnley ci consegna una ventina di minuti di musica suddivisi in 5 interessantissime tracce.
Se copertina e titolo evocano atmosfere degne di Edgar Allan Poe, i pezzi viaggiano proprio a cavallo tra l’inquietudine delle ore più buie e quello che di positivo sempre segue (il risveglio, da intendersi in senso lato come nell’accezione del detto riportato da Fuller).
Se infatti l’iniziale Burning e la title track sono delle graffianti ballad folk/rock velate di mistero ed un vago senso di turbamento, in Mine e nella conclusiva Sister la Farrell sembra guidarci verso il risveglio. Proprio Mine, tra i punti più alti dell’EP, recupera l’ascoltatore dall’oscurità e lo catapulta nel giorno anche grazie ai bellissimi cori di accompagnamento.
La voce di Ainsley Farrell è estremamente interessante ed intrisa di una inquietante bellezza, esplicitata pienamente nella splendida Lady Long Hair, forse il pezzo più “inquitante” dell’EP dove la musicista racconta la storia di una misteriosa donna dai lunghi capelli che viene spesso a farle visita nei sogni.
Il subcoscio della cantautrice di Sydney gioca un ruolo centrale in tutto l’EP: a fungere da filo conduttore dei pezzi sono infatti le enigmatiche liriche ispirate, come scrive la stessa Ainsley, dai suoi “strani sogni”.
Forse proprio quelli fatti a cavallo tra le ore più buie e il risveglio.