Vieri Giuliano Santucci per TRISTE©
“In Galles ci sono più pecore che persone”
Così mi disse qualche anno fa, senza nessuna intenzione ironica, il tassista che mi stava portando in albergo ad Aberystwyth, città universitaria sulla foce dell’Ystwyth (appunto). In quel viaggio di lavoro non me ne resi molto conto, ma forse l’abilità che potei riscontrare nei gallesi nel cucinare gli ovini mi avrebbe dovuto far prendere sul serio le parole (a tratti incomprensibili) del mio autista.
In Galles sono tornato quest’anno, stavolta per puro svago: partendo da Birmingham (Inghilterra) mi sono spostato verso lo Snowdonia National Park, nel nord della nazione. E già nei primi campi che incontravo nelle terre che furono di Llywelyn ap Gruffudd, sui pendii delle vette dello Snowdonia, il verde dell’erba era continuamente e uniformemente interrotto dal bianco delle pecore.
Ma il nord del Galles è molto più di questo: sono paesaggi mozzafiato (in stile highlands scozzesi), piccoli villaggi immersi nel verde e tra i fiumi, gente cordiale, cartelli stradali pieni di consonanti e poche vocali. E poi, sulla costa, castelli e roccaforti che testimoniano il passaggio inglese in queste terre.
Se da Birmingham, invece che andare ad ovest, mi fossi spostato a nord attraverso la M6, prima di arrivare in Scozia mi sarei trovato nel Lake District. Lì (qualche tempo prima), avrei potuto trovare Cate Le Bon (anche lei gallese, ma del sud), piano e cottage, intenta a comporre le dieci canzoni che costituiscono il suo quinto lavoro in studio, Reward.
Di Cate vi abbiamo parlato più volte, e il nostro (il mio) amore per lei è rimasto immutato negli anni. Se negli ultimi suoi lavori (sia in solo che nelle collaborazioni), compreso il precedente Crab Day, l’artista gallese aveva accentuato spigoli, frenesie e anti-melodie, in questo nuovo lavoro la calma e la serenità dei paesaggi della sua terra di origine, sembrano farsi strada nella composizione.
E così sin dai primi pezzi del disco (Daylight Matters, Home To You) viene fuori quel lato della Le Bon che più ce l’ha fatta apprezzare: un gusto per un cantautorato retrò (à la Nico) supportato da sonorità ricercate e dal raffinato gusto pop.
Non mancano certo pezzi più “stranianti” (ma sempre sorprendentemente melodici) come Mother’s Mother’s Magazines e la bella Magnificent Gestures, ma sono le melanconiche The Light (con i suoi fiati free jazz), Sad Nudes e, su tutte, la già citata Daylight Matters a farla da padrone e portarci oltremanica con l’adeguato mood (“hanging on in quiet desperation is the English way”, diceva qualcuno tempo fa).
Gli arrangiamenti si fanno pieni e caldi, ma Cate non ha abbandonato una delle sue cifre stilistiche principali, il contrappunto. Questa volta lo lascia quasi tutto alle liriche (e come sempre anche alla linea melodica del cantato), che non smettono di ricordarci tutte le incongruenze del mondo.
Home to you
Is a neighborhood in the night kitchen
Home to you
Is atrocity in the town
Incongruenze e assurdità (altro fil rouge della produzione della Le Bon) che in Reward (ricompensa, altro termine ambiguo) sono però “pacificate” dai paesaggi britannici, dove terra e cielo sembrano più vicine, a costituire un unico grande pascolo verde/azzurro.
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