Plantman – To The Lighthouse

Plantman_ToTheLighthousePeppe Trotta per TRISTE©

Ci sono luoghi di cui non mi stanco mai e dove con una certa frequenza amo tornare. C’è una strana energia che emana da loro, qualcosa di positivo e rigenerante.

I Crateri Silvestri sull’Etna sono uno di questi. In particolar modo è una tappa obbligata salire sulla cima del Silvestri Superiore e sedermi a guardare in basso il panorama ai suoi piedi. Un mio caro amico dice che puntare lo sguardo verso un baratro aiuta a chiarirsi le idee, a capire cosa si vuole dalla vita.

Non saprei dire il perché, ma è questa l’immagine che mi è riaffiorata in mente quando ho visto il disegno di Amy Adele Seymour, copertina del nuovo disco firmato Plantman.

To The Lighthouse, terza prova sulla lunga distanza, raccoglie quindici brani scritti da Matthew Randall nell’arco degli ultimi tre anni, quelli che lo separano dallo splendido Whispering Trees. Una gestazione lunga che sembra stridere con l’essenzialità che riveste le canzoni, delicate composizioni impreziosite dal misurato apporto di Bryan Styles e Adam Radmall.

È un pop all’insegna della semplicità, dal sapore sincero che spesso indugia su un atteggiamento intimista che vena i suoni di placida malinconia (Spring Letter, Slow Design, Morning After), a tratti ridotto a breve frammento come nell’iniziale Wandering Lane e che trova in Honeydew uno splendido completamento nella voce di Chantal Acda.

Ad interrompere l’atmosfera dominante giungono sporadicamente momenti più brillanti e meno umbratili che rimandano in modo più netto al lavoro precedente (Frost Fayre, A Quieter  Place, Island Charm), rappresentandone comunque sempre un’ulteriore elaborazione che rimarcando il talento di Randall ne amplia i confini, continuando a dirigere lontano lo sguardo verso l’orizzonte, seduto ai piedi di un faro.

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