La vita è fatta di piaceri quotidiani: il pastis con vista sul Vieux Port, il Vermentino nel porto di Tellaro, la London Pride al Dove di Hammersmith con vista sul Tamigi.
Ah, Baudelaire.
Mi capita spesso di ricorrere in memorie vivide della mia adolescenza. Non quella che spunta a sprazzi di dieci minuti nella mia vita quotidiana, ma quella passata fra le lunghe spiagge apuane, con gli amici, alle 7 di sera a prendere il pattino del bagnino e godersi gli ultimi momenti della giornata, guardare il tramonto e farsi l’ultima nuotata verso riva.
La mia post-adolescenza l’ho spesa anche a cercare di dimenticare queste derive provinciali, mentre scorrevo fra le strade intasate di turisti, nella Firenze Universitaria dei miei early 20 anni, nella Londra caotica dei miei late 20’s.
Ecco, quando mi innamorai delle Girl Ray fu qualcosa di adolescenziale, tipo le prime cotte – quelle di cui ho parlato poco tempo fa – e non ci ho capito più nulla. I’ll Make This fun. Non appena uscì il primo singolo, mi gettai subito all’acquisto e non fui abbastanza fortunato da capitare fra i primi 500… Trouble!
Cos’hanno di cosi eccezionale le Girl Ray? Sono come i film di Billy Wilder o Francis Veber: sono un trionfo di leggerezza mai banale, di eleganza, di raffinatezza, di gusto e di grazia naturale. E sinceramente, sono qualità talmente rare da trovare oggigiorno, che lasciano completamente meravigliati.
Il disco inizia con Just Like That e siamo subito indirizzati a quel pop strepitoso (tipo Magic Numbers) che solo in terra d’Albione riescono a fare a certi livelli – un po’ come il pesto genovese a Pra; passa da Stupid Things – “it was just to feel close to you, I’ve never done so many stupid things” – si evolve verso Don’t Go Back at Ten e arriva alla splendida, delicata e progressiva Preachers. Ci sono due omissioni che mi stupiscono: Trouble e I’ll Make This Fun, ma le perdono non appena scopro Ghosty.
Le Girl Ray sono tre ragazze londinesi che hanno poco più di diciotto anni. Hanno una maturità artistica che mi fa sentire un campagnolo. Guardo i miei vestiti provinciali mentre penso che non sarò mai un vero cittadino. Per quanto poliglotta, giramondo ed esploratore, domani sera prenderò la strada verso il mare apuano, metterò la sveglia alle 8 venerdì mattina perché ho un appuntamento con un amico.
Andiamo sugli scogli per “fare un tuffo”, vedere i saraghi, nuotare verso riva. Sono sicuro che ascolteremo questo disco lungo il tragitto verso la spiaggia.
Ah, Baudelaire.
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