Angel Olsen – Burn Your Fire For No Witness

Angel Olsen fa pace con il mondo. Lo fa nella prima canzone Unfucktheworld. Una dichiarazione lontana dal nome e dalla figura soave della cantante statunitense.

E sono proprio i titoli delle 11 canzoni a svelare il sentimento generale dell’album, una sorta di perdono generale che pero’ assume i tratti del “canto del cigno” quando si intendono le prime parole di Angel: “I quit my dreaming the moment I found You” e ancora “I wanna nothing but for this to be the end, for this to be a tired and empty end”.

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Lo si legge nei suoi occhi – persi nel vuoto – durante la performance Tiny Desk (qui sotto), e quel suo consapevole ed esemplare distacco. White Fire é in questo senso il pezzo che ci regala le sensazioni piú’ forti, questa mini-maratona trascendentale che precede High & Wild, quanto di piú distante ci si possa aspettare a livello emotivo.

Stars rappresenta perfettamente un modo per reinterpretare sonoritá del passato con un piglio moderno, attuale. Poi si passa a capolavori piú intimi: Iota e Dance Slow Decades con la voce che diventa reprentinamente sussurata, flebile.

Si continua poi con Enemy, un pezzo che parte e ti fa venire la pelle d’oca, poi continua, ma la pelle d’oca non va piú via, e ti ritrovi per magia trasportato in un luogo mistico, in qualche modo confortevole. Magari é la sua mente, o piú verosimilmente sono solo i tuoi pensieri. La magia sta nel condividere un’epifania con un’artista dall’altra parte del mondo. Pura bellezza. Bruciare il proprio fuoco per nessuno.

Il disco si chiude con Windows, in cui la voce della Olsen cade dall’alto, passa ad illuminare 4 minuti scarsi di mondo, e se ne va. Quel mondo con cui Angel ha fatto pace, a modo suo. Are You Blind?

Voto 9: Capolavoro assoluto.

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