Florist – If Blue Could Be Happiness

Fiamma Giuliani per TRISTE©

È evidente che viviamo in un’epoca in cui dominano l’apparenza, la spettacolarità. In cui una certa aggressività sociale è sinonimo di successo e di voglia di arrivare; in cui abbiamo facile accesso a una quantità enorme di informazioni, di dati, di oggetti.

Tutto ciò non è un male, se non fosse che – in mezzo a questo continuo bombardamento – la necessità di essere aggiornati spesso porta alla trascuratezza e la frenesia di assaggiare le novità rende poco accurati e impedisce di andare in profondità.

Il rischio è quindi di perdere qualcosa per pigrizia, fretta, poco tempo a disposizione; di trascurare il piacere di fermarsi ad assaporare, di essere sbrigativi con quello che non conquista la nostra attenzione immediatamente.

Al primo, distratto ascolto, la seconda prova dei newyorkesi Florist (band di cui già vi avevamo parlato, tra i primi, qui) mi era sembrata solo un discreto e cullante album folk/pop; tuttavia, nel momento in cui ho deciso di soffermarmi ad ascoltare i testi, ho provato un senso di incanto e commozione.

I dieci brani che compongono If blue could be happiness sono piccoli gioielli da scoprire pian piano, soffermandosi su ogni canzone. La voce dolce e flebile di Emily Sprague racconta il dolore quotidiano e inevitabile, l’emozione che purifica dalla sofferenza; racconta la morte, la fine di un amore, il conforto della natura e delle piccole cose qui e ora.

In ogni pezzo vi è una consapevolezza della vita che fa riflettere e commuove nella sua semplicità; senza enfasi o toni tragici, i testi esprimono sensazioni e sentimenti (“When the summer goes long/when the water stays warm/I remember the faces of everyone I’ve loved/and the places I’ve lived/and the places I’ve visited”), tentano di elaborare un lutto grave attraverso il ricordo e l’impermanenza, descrivono la difficoltà di stare nel mondo e i tentativi per farlo.

If blue could be happiness è un album prezioso e incisivo, in cui le sonorità essenziali e curate fanno sfolgorare il contenuto; in cui il colore è il filo conduttore – fin già dal titolo – e serve a evidenziare le emozioni, a renderle ancora più presenti e tangibili e a dar loro una profondità stupefacente.

In momenti come questi, quando mi trovo immersa in qualcosa di tanto intenso, mi dico che la fretta e l’impazienza sono pericolose perché rischio di non capire la bellezza che mi circonda – anche in cose minime come una canzone – e ringrazio quell’attimo in cui dimentico la frenesia e mi soffermo sulla profondità di ciò che ho davanti.

“If you’re terrified of living, like me, I hope you’ll be fine/ ‘cause we’re terrified together in this terrifying time”

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