Le Firme di TRISTE© – Top 5 2015

Qualche anno fa, quasi per scherzo, io e il mio caro amico ex-londinese abbiamo deciso di aprire queste pagine e riversarvi tutto il nostro amore per la musica.

“Purtroppo” voi ci avete dato troppa retta, e lo scherzo si è trasformato in una bellissima avventura che ci ha portato a raccontarvi tante storie e, soprattutto, a farvi ascoltare e scoprire tanta ottima musica.

Gli impegni lavorativi (quelli “veri”) però sono tanti e stare dietro anche a questa nostra creatura poteva diventare complicato. Fortunatamente abbiamo trovato degli amici che ci hanno dato una mano. Con la nostra stessa passione.

lefirmeditriste2015Anche quest’anno, dopo la classifica di voi lettori, è arrivato il turno delle top 5 dei nostri collaboratori “storici”, che ringraziamo per tutto l’impegno e per sopportare le nostre (in verità mie. Sono io quello ansioso) “pressioni” per avere i pezzi nell’arco di pochi giorni.

Mentre altri amici si stanno aggiungendo alla “redazione” di TRISTE© e sempre di più stanno diventando costanti presenze sulle nostre pagine, vi presentiamo le selezioni di fine anno delle firme che per prime si sono aggiunte alle nostre (che poi noi non ci firmiamo mai, ma questa è un’altra storia).

Ecco le loro top 5

Francesco Amoroso

5. Julia Holter – Have You In My Wilderness Premesso che odio le classifiche e che, probabilmente, in questa posizione avrei potuto tranquillamente inserire lo splendido lavoro di Sara Forslund (Water Became Wild), alla fine non posso esimermi dal premiare (!) Julia Holter che dimostra (a me e a tutti gli scettici fautori della primazia della melodia sulla sperimentazione) come una grande musicista di avanguardia possa avere le capacità per scrivere canzoni bellissime e commoventi, senza evitare di prendere dei rischi. Canzone del cuore: Night Song.

4. Lightning In A Twilight Hour – Fragments Of A Former Moon Che Bobby Wratten amasse elettronica e ambient era noto, ma, inevitabilmente, ascoltare il suo nuovo progetto Lightning In A Twilight Hour, è stato abbastanza sorprendente. Alla fine, comunque, rimangono, pur tra synth e sequencer, il songwriting e il cantato nostalgico ed emotivo che sono sempre stati il suo marchio di fabbrica. In una vera e propria reunion dei Field Mice, (ci sono anche Michael Hiscock e Anne-Mari Davis, oltre a Beth Arzy) Bobby rimane se stesso, non viene meno al proprio credo musicale e mostra un ulteriore aspetto della sua ispirazione infinita. Per chi, come me, l’ha sempre adorato, come potrebbe non essere uno dei dischi dell’anno? Canzone del cuore: The Memory Museum.

3. The Revolutionary Army Of The Infant Jesus – Beauty Will Save The World Dei loro due album tra l’87 e il 91 (e dell’e.p. del 95) avevo forse sentito qualcosa di sfuggita, persi nel calderone di quello che, al momento, si chiamava dark music. Poi, all’imporvviso, grazie a Nick Halliwell della Occultation Records, mi arriva questo Beauty Will Save The World e mi innamoro perdutamente. Un album dalla austera e immensa bellezza, estatico e trasognato, dove viene miscelato folk apocalittico e musica sacra, elettronica, field recordings, campioni di film e ritmiche incalzanti, quasi etniche. Non sentivo nulla del genere dai tempi dei migliori Dead Can Dance. Se davvero la bellezza salverà il mondo, questo album potrebbe dare un contributo decisivo. Canzone del cuore: A Crowd Of Stars.

2. Kristin McClement – The Wild Grips Ho parlato di questa artista ovunque, in qualsiasi situazione e occasione. E lo faccio sempre perché credo sia una delle musiciste più sincere e dotate in circolazione. Il suo album d’esordio non è un disco immediato, occorre lasciarlo respirare e decantare. Il suo folk è rigoroso e esigente, richiede attenzione e impegno ma ripaga ampiamente chi gli concede fiducia. Di estrema coerenza, dalla sobria bellezza e dai i testi poetici ed evocativi, The Wild Grips è un esempio eclatante di folk concepito ed eseguito con sentimento, talento e passione. Canzone del cuore: Drink Waltz.

1. Sufjan Stevens – Carrie & Lowell “Metti a frutto la tua vita, finché è nel pieno, finché c’è luce”. Che dire? Avrei preferito farmi bello e mettere al primo posto della mia classifica qualcosa di più oscuro e sconosciuto. Un album del quale, magari tra qualche tempo, avreste potuto dire: “ne ho sentito parlare per la prima volta su Triste”. Ma se devo essere sincero il nuovo album di Sufjan è stato di gran lunga quello che ha accompagnato di più il mio 2015 (e il suo live è stato indimenticabile, come sempre). E quello che più mi ha commosso e emozionato. Un lavoro ben più articolato e sottile di quello che potrebbe sembrare a prima vista e, nel quale, come piace a me, l’artista si mette a nudo, non nasconde nulla dei propri sentimenti e si presenta senza artifici al cospetto degli ascoltatori. Non posso tradire la fiducia che mi hai dato, confessandoti così a cuore aperto: “Everything I see returns to you somehow”. Canzone del cuore: No Shade In The Shadow Of The Cross.

 

Marica Notte

5. Sea Lion – Desolate Star L’universo è immenso. Migliaia di stelle occupano solo un’infima parte di esso e noi ne siamo testimoni diretti. Ma nei luoghi più remoti sembra non esserci luce, e questo rende quello spazio spoglio. Desolate Stars non canta la natura dell’universo bensì una parte di noi che quando viene poco illuminata sembra essere spogliata di qualsiasi cosa, tranne che della voce.

4. East India Youth – Culture Of Volume Un paio d’anni ho avuto la concreta possibilità di ascoltarlo dal vivo in Inghilterra (era a pochissimi metri da me) ma ho preferito (con il supporto di una cara amica golosa quanto me) cambiare direzione e dirigermi verso un banchetto pieno di dolci. Ecco, non che quella scelta fu sbagliata ma ora se dovesse ripetersi l’occasione i dolci potranno aspettare, mentre Culture Of Volume no.

3. Tiny Ruins & Hamish Kilgour – Hurtling Through La dipendenza può avere tante forme, e in molti casi può nuocere alla salute. Hurtling Through può creare una dipendenza emotiva (almeno per quanto mi riguarda), forse perché nella voce di Tiny Ruins è come se ci fosse sempre un segreto in più da svelare senza fare troppo rumore.

2. Monk Parker – How The Spark Loves The Tinder Con pochi giri di parole, aggettivi, sinonimi e contrari, How the Spark Loves the Tinder è degno di essere definito un piccolo capolavoro musicale, che nelle corte e fredde giornate invernali riscalda l’atmosfera. Perché alcune canzoni sono più vere d’inverno che d’estate. Più vere di notte che di giorno.

1. Max Richter – from Sleep Volendo azzardare un paragone con il mondo dei riflettori e del Red Carpet, la bravura di Max Richter si afferma ogni volta di più con maestria un po’ come quella di alcuni attori (per citarne un paio De Niro, Al Pacino) che riescono a diventare grandi con semplici battute. from Sleep può essere usato anche come un farmaco dell’anima (e in questo caso può essere somministrato senza badare al dosaggio anche ai più piccoli).

 

Peppe Trotta

5. Heirloom – Heirloom Dimostrando quanta bellezza possa esserci nella semplicità, l’ensemble canadese ha costruito un piccolo scrigno pieno di preziose gemme.

4. Elephant Micah – Where In Our Woods Riflessioni sulla vita sotto forma di delicate e minimali racconti folk. Se non fosse sufficiente aggiungiamoci uno splendido cameo di Will Oldham.

3. Chantal Acda – The Sparkle In Our Flaws Il disco della conferma per la talentuosa e affascinante voce di Chantal. Un’oasi di pace in cui perdersi.

2. Hior Chronik – Taking The Veil Un percorso nato dalla condivisione, che amplia la tavolozza cromatica di un artista di grande talento, capace di spingere lontano l’immaginazione di chi si lascia trasportare dalle sue note.

1. Sufjan Stevens – Carrie & Lowell Il genio incontra la pura ispirazione e confeziona un capolavoro. Un disco destinato a rimanere nella storia della musica.

 

E per poter avere un assaggio dei dischi selezionati nelle tre top 5, eccovi una comoda playlist. Godetevela tutta.

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Un pensiero su “Le Firme di TRISTE© – Top 5 2015

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