Si dice che il talento sia una dote naturale, difficile da riconoscere. Per quel che mi riguarda, conosco un solo modo per riconoscerlo, osservandolo dal vivo.
Lo dico pensando al Field Day 2012, quello in cui un’artista di primo pelo venne messo in una delle prime slot delle 12 salvo poi essere richiamato in fretta a furia per una seconda chance alle 16 in un palco più grande. Merito della performance incredibile regalata qualche ora prima.
Oggi, mentre combatto la mia dipendenza dal tè verde – sto sorseggiando la terza tazza della mattinata – vorrei spendere due parole a proposito di East India Youth, uno dei miei artisti contemporanei preferiti che è appena giunto al favoloso traguardo del secondo disco. Dico favoloso perché di questi tempi riuscire a dare un seguito a un buon esordio è privilegio di pochi.